Fra qualche mese i ragazzi della classe 3D finiranno la loro esperienza nella scuola media e con loro finirà anche la sperimentazione Cl@ssi 2.0 che ci ha visto impegnati in questi ultimi tre anni.
Si sta avvicinando quindi il tempo dei bilanci e delle valutazioni, il momento in cui si cercherà di isolare le positività dell'esperienza dalle criticità che non si sono riuscite a risolvere.
Non ho ancora incominciato a rifletterci in modo sistematico né a radunare i documenti e gli appunti necessari ma ultimamente mi è capitato di ritornare spesso su una considerazione d'ordine relazionale e motivazionale.
Mi riferisco alla crescente, motivata e convinta responsabilizzazione dei ragazzi che sono stati capaci di gestire dispositivi e ambienti virtuali senza alcun rilevante incidente di percorso.
Uno dei timori iniziali era infatti la "speranza di vita" delle macchine: tutti i possibili incidenti causali o meno che avrebbero messo in crisi la funzionalità dei dispositivi con le conseguenti criticità d'ordine economico e disciplinare.
Molti timori vi erano anche verso le enormi potenzialità comunicative, sociali ed espressive che un uso quotidiano e ravvicinato della rete avrebbe naturalmente portato con sé.
Cominciando proprio da quest’ultimo punto è stato infatti abbastanza sorprendente come con il tempo i ragazzi abbiano addirittura ottenuto e gestito al meglio i permessi di amministratore per molti settori del sito web.
Quasi assenti i casi di uso improprio della rete sia a casa sia a scuola, benché i ragazzi, a dispetto dell’età, siano assidui frequentatori di noti social network e se abbandonati a se stessi vi ricorrano come antidoto alla noia e all’inoperosità.
Ancora più sorprendente è la spesa pari a zero della voce danni e manomissioni.
24 netbook, due videocamere, una fotocamera, una lim, costose casse audio, un microfono digitale, due stampanti, due notebook, periferiche e impianti elettrici ecc. insomma dispositivi e apparecchiature per 30mila euro senza che si sia registrata alcuna spesa per rotture e danni dolosi e/o accidentali; credo sia una specie di record, anche per un ambiente di adulti.
Pur senza disconoscere la parte che la fortuna ha giocato, si impongono una serie di riflessioni che mettono in discussione tutti gli stereotipi classici che accompagnano la scuola, le tecnologie digitali e i giovani.
Stereotipi che frequentemente scrivono dei ragazzi solo in negativo, delle tecnologie come elementi di disturbo e, infine, della scuola come un ambiente superato dalle necessità formative se non addirittura come fattore peggiorativo.
Trasformare un ambiente di apprendimento significa anche agire e rivedere le relazioni fondamentali fra i soggetti che lo costituiscono e lo abitano.
I piccoli impegni quotidiani di cura e manutenzione, la gestione collettiva e partecipata degli strumenti, il progressivo coinvolgimento attivo nei processi di apprendimento hanno fatto della classe una comunità consapevole e attenta al valore dell’ambiente in cui si muove e impara.
In questa sorta di ecosistema i dispositivi sono elementi interagenti; non sono solo “cose”, sulle quali scaricare tensioni e malintesi di varia natura, sono piuttosto strumenti capaci di veicolare un importante valore aggiunto nelle motivazioni, nelle relazioni e nelle personali e collettive capacità espressive.
E’ in questo contesto che gli strumenti digitali non solo riescono a “sopravvivere” oltre ogni ragionevole speranza in una classe di adolescenti, ma anche a vedersi riconosciuto un valore operativo, culturale e sociale da coloro che solitamente ne esplorano esclusivamente le potenzialità ludiche.
Si sta avvicinando quindi il tempo dei bilanci e delle valutazioni, il momento in cui si cercherà di isolare le positività dell'esperienza dalle criticità che non si sono riuscite a risolvere.
Non ho ancora incominciato a rifletterci in modo sistematico né a radunare i documenti e gli appunti necessari ma ultimamente mi è capitato di ritornare spesso su una considerazione d'ordine relazionale e motivazionale.
Mi riferisco alla crescente, motivata e convinta responsabilizzazione dei ragazzi che sono stati capaci di gestire dispositivi e ambienti virtuali senza alcun rilevante incidente di percorso.
Uno dei timori iniziali era infatti la "speranza di vita" delle macchine: tutti i possibili incidenti causali o meno che avrebbero messo in crisi la funzionalità dei dispositivi con le conseguenti criticità d'ordine economico e disciplinare.
Molti timori vi erano anche verso le enormi potenzialità comunicative, sociali ed espressive che un uso quotidiano e ravvicinato della rete avrebbe naturalmente portato con sé.
Cominciando proprio da quest’ultimo punto è stato infatti abbastanza sorprendente come con il tempo i ragazzi abbiano addirittura ottenuto e gestito al meglio i permessi di amministratore per molti settori del sito web.
Quasi assenti i casi di uso improprio della rete sia a casa sia a scuola, benché i ragazzi, a dispetto dell’età, siano assidui frequentatori di noti social network e se abbandonati a se stessi vi ricorrano come antidoto alla noia e all’inoperosità.
Ancora più sorprendente è la spesa pari a zero della voce danni e manomissioni.
24 netbook, due videocamere, una fotocamera, una lim, costose casse audio, un microfono digitale, due stampanti, due notebook, periferiche e impianti elettrici ecc. insomma dispositivi e apparecchiature per 30mila euro senza che si sia registrata alcuna spesa per rotture e danni dolosi e/o accidentali; credo sia una specie di record, anche per un ambiente di adulti.
Pur senza disconoscere la parte che la fortuna ha giocato, si impongono una serie di riflessioni che mettono in discussione tutti gli stereotipi classici che accompagnano la scuola, le tecnologie digitali e i giovani.
Stereotipi che frequentemente scrivono dei ragazzi solo in negativo, delle tecnologie come elementi di disturbo e, infine, della scuola come un ambiente superato dalle necessità formative se non addirittura come fattore peggiorativo.
Trasformare un ambiente di apprendimento significa anche agire e rivedere le relazioni fondamentali fra i soggetti che lo costituiscono e lo abitano.
I piccoli impegni quotidiani di cura e manutenzione, la gestione collettiva e partecipata degli strumenti, il progressivo coinvolgimento attivo nei processi di apprendimento hanno fatto della classe una comunità consapevole e attenta al valore dell’ambiente in cui si muove e impara.
In questa sorta di ecosistema i dispositivi sono elementi interagenti; non sono solo “cose”, sulle quali scaricare tensioni e malintesi di varia natura, sono piuttosto strumenti capaci di veicolare un importante valore aggiunto nelle motivazioni, nelle relazioni e nelle personali e collettive capacità espressive.
E’ in questo contesto che gli strumenti digitali non solo riescono a “sopravvivere” oltre ogni ragionevole speranza in una classe di adolescenti, ma anche a vedersi riconosciuto un valore operativo, culturale e sociale da coloro che solitamente ne esplorano esclusivamente le potenzialità ludiche.
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