É proprio del 6 settembre un altro di quegli articoli sulla scuola che, nel tentativo di metterne in luce qualche aspetto innovativo, riflettono le superficialità e i pressapochismi che la dominano.
Questo cui mi riferisco poi ha l'aggravante di riportare e commentare affermazioni di politici, amministrativi e tecnici che, a vario livello, sono responsabili del buon funzionamento della scuola piemontese.
Il fatto è che ancora una volta promuovendo il progetto "scuola digitale" si crede di istituire fantomatiche e sedicenti "classi 2.0" spendendo milioni di euro per infornare un certo numero di pc, tablet, lim e altri dispositivi alla moda, nelle scuole.
Fa ancora più effetto se poi titolo e slogan ricorrenti recitano: "un tablet per ogni studente", riecheggiando così negropontiane memorie a cui, nonostante i fallimenti, molti sono ancora affezionati.
A me fa più effetto constatare quanto sia drammaticamente assente un piano di formazione completo e strutturato per i veri responsabili delle pratiche didattiche e dei processi legati all'apprendimento: gli insegnanti.
Non vorrei sembrare troppo critico soprattutto quando la scuola entra giustamente nell'agenda politica e si promettono investimenti. Mi piacerebbe al contratrio rimarcare quanto le recenti sperimentazioni nazionali, proprio nell'ambito "Scuola Digitale", hanno messo ovunque in evidenza e cioè che bisogna quanto prima favorire la transizione ad una nuova figura docente, ad una diversa organizzazione della scuola.
Può una scuola organizzata sostanzialmente in modo ottocentesco con immutabili rigidità logistiche, organizzative e disciplinari favorire processi e pratiche innovative? Gli insegnanti sono nelle condizioni migliori per trasformarsi da divulgatori a sperimentatori? Possono insegnanti (e non è solo una questione anagrafica) che a malapena aprono e controllano una casella mail sostenere addirittura una didattica digitale?
Dove, come e quando i docenti possono costruirsi una cittadinanza digitale piena ed effettiva?
Le questioni sono molte e spesso, come si può facilmente constatare, radicali visto che mettono in crisi la stessa organizzazione profonda del sistema scolastico italiano.
Possiamo essere sicuramente felici quando qualcuno decide di investire nella scuola, meno quando decisori di competenza e esperienza credono che basti avvicinare un ragazzo ad un tablet o ad un pc per averne immediatamente, quasi per una magica osmosi digitale, importanti ricadute formative.
Questo cui mi riferisco poi ha l'aggravante di riportare e commentare affermazioni di politici, amministrativi e tecnici che, a vario livello, sono responsabili del buon funzionamento della scuola piemontese.
Il fatto è che ancora una volta promuovendo il progetto "scuola digitale" si crede di istituire fantomatiche e sedicenti "classi 2.0" spendendo milioni di euro per infornare un certo numero di pc, tablet, lim e altri dispositivi alla moda, nelle scuole.
Fa ancora più effetto se poi titolo e slogan ricorrenti recitano: "un tablet per ogni studente", riecheggiando così negropontiane memorie a cui, nonostante i fallimenti, molti sono ancora affezionati.
A me fa più effetto constatare quanto sia drammaticamente assente un piano di formazione completo e strutturato per i veri responsabili delle pratiche didattiche e dei processi legati all'apprendimento: gli insegnanti.
Non vorrei sembrare troppo critico soprattutto quando la scuola entra giustamente nell'agenda politica e si promettono investimenti. Mi piacerebbe al contratrio rimarcare quanto le recenti sperimentazioni nazionali, proprio nell'ambito "Scuola Digitale", hanno messo ovunque in evidenza e cioè che bisogna quanto prima favorire la transizione ad una nuova figura docente, ad una diversa organizzazione della scuola.
Può una scuola organizzata sostanzialmente in modo ottocentesco con immutabili rigidità logistiche, organizzative e disciplinari favorire processi e pratiche innovative? Gli insegnanti sono nelle condizioni migliori per trasformarsi da divulgatori a sperimentatori? Possono insegnanti (e non è solo una questione anagrafica) che a malapena aprono e controllano una casella mail sostenere addirittura una didattica digitale?
Dove, come e quando i docenti possono costruirsi una cittadinanza digitale piena ed effettiva?
Le questioni sono molte e spesso, come si può facilmente constatare, radicali visto che mettono in crisi la stessa organizzazione profonda del sistema scolastico italiano.
Possiamo essere sicuramente felici quando qualcuno decide di investire nella scuola, meno quando decisori di competenza e esperienza credono che basti avvicinare un ragazzo ad un tablet o ad un pc per averne immediatamente, quasi per una magica osmosi digitale, importanti ricadute formative.
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