martedì 27 marzo 2012

Riflessioni didattiche - parte terza

La rappresentazione dell’insegnante come unico depositario della conoscenza, dell’informazione ufficialmente riconosciuta, non solo non è più appetibile ma neanche più sostenibile.
Il docente sembra destinato ad un ruolo di mediazione forse ancora più impegnativo, perché richiede una figura professionale capace di costruire saperi condivisi in contesti di apprendimento nello stesso tempo autonomi e collettivi. Nel tentativo di raggiungere quell’obiettivo sempre vagheggiato ma quasi mai raggiunto di “ ‘meta-formare’, ossia di sfruttare l’occasione dell’uso di certi metodi e strumenti basati sulle risorse 2.0 per farli acquisire abitualmente agli studenti a vantaggio del loro processo di apprendimento continuo lungo l’arco della vita.” [cit]
Ancora più insostenibile è ormai l’immagine dell’insegnante divulgatore, del professore che pur compiendo un enorme lavoro nel presentare in modo comprensibile gli argomenti, proietta un’immagine di sé paludata e immobile, incapace di cogliere l’innovazione.
La credibilità e l’autorevolezza dell’istituzione scolastica è messa in pericolo prima di tutto dalla mancanza di una visione organica della formazione, dalle carenze strutturali e gestionali della scuola italiana ma anche da una figura docente che si è cristallizzata, talvolta in modo inconsapevole, attorno ad un ruolo oramai anacronistico.
Oggi è ancora possibile ascoltare una qualsiasi lezione strutturata, gestita e condotta così come veniva gestita e condotta venti o trenta anni fa, a generazioni di studenti, magari già poco coinvolti allora, totalmente differenti, diversi nella formazione, nei desideri e nelle speranze.
In questo contesto, dove sono mutati i modi e i linguaggi per accedere alla conoscenza, l’insegnante non può solo fare affidamento sui saperi tradizionali con il grave rischio di allargare la frattura fra essi e i gli stili di apprendimento prevalenti.
Occorre al contrario valorizzare i nuovi formati, sfruttando tutti i codici a disposizione affinché siano funzionali ad una continua ritraduzione dell’informazione e dei saperi in grado così di avvicinare diverse modalità cognitive.
Occorre sfruttare tutte le istanze creative, relazionali e sociali che emergono nei nuovi media perché facciamo da sfondo non più a classi di discenti ma a comunità di apprendimento dove lo scambio, la partecipazione e la condivisione siano gli elementi fondanti di un modo nuovo di apprendere.
Occorre quindi un formatore che impari a trasformarsi in architetto e interprete di questi ambienti operando un lavoro di raccordo tra le esperienze e i contributi alla crescita delle competenze generali. Un formatore in grado di incoraggiare ed esercitare una valutazione critica non solo sugli stimoli che provengono da ambiti metodologicamente appropriati ma anche da valutazioni eccentriche e poco coordinate.

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