Accade  che uno splendido progetto, avviato in pompa magna con un convegno di  inizio a livello nazionale, si impasti perché ad uno dei partner  iniziali - aggiungerei fondamentali - le università, non sia prolungato  il contratto scaduto ad agosto.
Che  cosa è successo? Quali sono i motivi della decisione? Che le università  non si siano dimostrate all’altezza del compito? Che le ristrettezze  finanziarie del ministero abbiano suggerito di destinare ad altri più  nobili intenti i quattrini?
Nulla  ci è dovuto; a due mesi dalla ripresa delle lezioni nessuno è riuscito a  fornirci una spiegazione, anzi non ci ha nemmeno provato.
Il Miur tace, l’agenzia (ansas) attende e noi aspettiamo.
Sembra la scena di un cantiere deserto osservato in silenzio da tre vecchietti con le braccia dietro la schiena!
Qua e là, in qualche forum, una voce solitaria si alza, ma ottiene l’eco di altre voci altrettanto disinformate e sfiduciate.
In simili condizioni che si fa?
Qualche  collega va avanti; in fondo le cose - si sa - non si fanno per stimoli  eterodiretti: o ci credi e fai, nonostante tutto o non ci credi e te ne  freghi, nonostante tutto.
Per  quel che mi riguarda, da responsabile del progetto per la scuola dove  lavoro, incomincio ad avvertire qualche difficoltà a riunire in via  straordinaria il consiglio di classe.
Non  solo perché non avrei poi così tante cose da dire ma anche perché, pur  nel bisogno di una progettualità condivisa, provo il forte disagio di  impegnare colleghi e amici, già molto affaticati, in ulteriori impegni  di tempo e lavoro.
Nel  passato anno scolastico i colleghi più coinvolti hanno accumulato  decine di ore oltre l’orario di servizio, per il semplice corrispettivo  di vedere funzionare un progetto nel quale in molti volevano misurarsi.
Le  aspettative erano alte, così come si conviene per un progetto  ambizioso, un progetto che vedeva finalmente gli insegnanti protagonisti  di una sperimentazione didattica di alto profilo.
I  primi segnali - a dir la verità - non furono all’altezza; basti  ricordare l’equivoco [eufemismo] della prova INVALSI somministrata ai  ragazzi l’anno scorso.
La  sensazione che si respira in questo inizio anno è più o meno dello  stesso tenore: confusione, disorganizzazione, generale indifferenza la  fanno da padrone e in questo clima da fine impero qualcuno fa quello che  vuole, gli altri quello che possono.
Mi  vengono in mente le parole lette in un articolo di Italo Tanoni proprio  in occasione dell’inizio del progetto Cl@ssi 2.0, su Form@re nel  lontano 2009, che esprimeva qualche dubbio sulle capacità del sistema  formativo italiano di condurre e portare a termine una sperimentazione. Dubbi  legittimi considerando che nessuno è riuscito a fornire certezze sulle  linee guida, sulle tempistiche, sugli step, sulle necessità informative e  formative degli attori, sulle operazioni di valutazione.
Avrei  preferito insomma gestire un ambiente saturato da impegni e compiti  stimolanti, un gruppo sovrastimolato e occupato in decisioni e scelte  difficili, piuttosto che stare appeso ad una miserabile convenzione; ad  un contratto che in fondo ratifica l’impotenza che si prova a veder  sfumato un progetto difficilmente ripetibile; non solo per noi.